Un piano quinquennale straordinario e integrato di interventi per il contrasto delle forme di caporalato e di grave sfruttamento lavorativo ai danni dei lavoratori stranieri nelle cinque regioni del Sud Italia (Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata e Campania). È il caposaldo del Programma Su.Pr.Eme.2, presentato questa mattina, a Palazzo dei Normanni, a Palermo, dall’assessore regionale alla Famiglia e alle politiche sociali. L’iniziativa, giunta alla seconda edizione, è frutto di un progetto dell’assessorato e sarà finanziata a valere sull’Obiettivo strategico Migrazione legale/integrazione, misura di attuazione del Programma nazionale del Fondo asilo, migrazione e integrazione (Fami) 2021-2027.
Tra le iniziative in partenza, in continuità con quanto già realizzato: il supporto alle azioni ispettive in complementarità con altri interventi territoriali, l’attivazione di misure per aiutare i lavoratori immigrati a trovare un’abitazione, lo svolgimento di tirocini formativi, nonché l’implementazione dei poli sociali integrati per la presa in carico dei cittadini migranti. In programma anche l’entrata in funzione dell’help desk interistituzionale anti-caporalato, ovvero un servizio multicanale e multilingue che promuove l’emersione e facilita l’accesso alle informazioni e ai servizi, e l’istituzione del budget di integrazione, che attribuisce al singolo destinatario un plafond di risorse per sostenerlo nella costruzione di un progetto individualizzato di autonomia socio-lavorativa.

Ha partecipato per l’UGL il Segretario Regionale Sindacato Agricoli, Forestali e Pesca Sicilia, Franco Arena.

A seguire la nostra relazione.

PREVENZIONE E CONTRASTO DEL LAVORO IRREGOLARE E DELLO SFRUTTAMENTO NEL SETTORE AGRICOLO

Negli ultimi decenni il fenomeno delle migrazioni ha avuto un forte impatto sugli equilibri socio-economici del territorio regionale, contribuendo a ridisegnare il ruolo della forza lavoro migrante in molti settori. Quest’ultima oggi è considerata indispensabile, in quanto sanatrice dell’erosione della base occupazionale dei settori più “deboli” con manodopera a basso costo. La forza lavoro immigrata, infatti, risulta alle aziende agricole molto più appetibile rispetto a quella locale, in quanto bacino di offerta sottopagato e dequalificato.
Secondo i dati Istat, aggiornati al gennaio dell’anno corrente, in Sicilia si contano:
– 200.340 soggetti non comunitari residenti;
– 119.373 con permesso di soggiorno.
Tra questi soggetti con occupazione:
– circa il 60 % risultano impiegati nel settore dei servizi (dei trasporti, delle costruzioni, della logistica e dei servizi di cura);
– circa il 40 % nel settore dell’agricoltura.
Tuttavia, non si può ignorare, oltre i dati ufficiali, l’assenza di ulteriori informazioni che evidenziano la presenza di lavoro sommerso e sfruttamento dei braccianti. Assenze che sono state rese note da vari controlli effettuati negli anni scorsi in varie zone della regione, in cui sono emersi fenomeni, quali: 1. un discostamento tra le ore effettivamente lavorate rispetto i contratti di lavoro registrati (“lavoro grigio”) 2. una cospicua presenza di lavoro sommerso (“lavoro nero”).
Non è un caso se con il decreto 19/2024, relativo al Piano nazionale di ripresa e resilienza (cosiddetto “decreto Pnrr 4”), è stata prevista una maxisanzione per chi si occupa di lavoratori irregolari, modulata per fasce in base alla durata dell’illecito:

● da 1.800 a 10.800 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a 30 giorni di effettivo lavoro; ● da 3.600 a 21.600 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da 31 e fino a 60 giorni di effettivo lavoro; ● da 7.200 a 43.200 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni di effettivo lavoro; ● sanzioni aumentate del 20% in caso di impiego di lavoratori stranieri, minori in età non lavorativa e percettori di reddito di inclusione.
E’ importante ricordare che tale fenomeno trova radici all’interno di quel sistema del caporalato in cui: – “il caporale”, in qualità di intermediario: recluta e organizza illegalmente la manodopera da fornire all’azienda agricola, trattenendo poi una componente del compenso del lavoratore, come tangente. – l’azienda agricola, a propria volta, viola varie regole in materia di lavoro, riguardo: 1. le ore lavorative 2. i contributi previdenziali e i minimi salariali 3. la salute e la sicurezza sul lavoro. Insomma, un sistema di sfruttamento illecito dei lavoratori, all’interno del quale non si può non considerare connessa l’esposizione di questi ultimi a standard di vita spesso degradanti e caratterizzati da episodi di lavoro forzato, coercizione e violenza.
Anche in questo caso non sono disponibili dati ufficiali rappresentativi del fenomeno. Tuttavia, secondo le stime dell’ISTAT al 2020, a livello nazionale il lavoro irregolare in agricoltura è in costante crescita negli ultimi dieci anni, attestandosi su un valore del 24,4%, ovvero quasi il doppio rispetto al complesso dell’economia (12 %). Soprattutto in Sicilia, si registrano diverse presenze del sistema di caporalato, in relazione alla percentuale di immigrati in arrivo nelle diverse province, e all’impiego di manodopera a basso costo nelle stesse. I numeri maggiori di arrivi nella regione si registrano nelle province di Catania, Palermo e Ragusa.

A tal riguardo la normativa nazionale in materia di sfruttamento lavorativo e contrasto al caporalato, con la L.199/2016, recante “Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo”, ha previsto specifiche misure per i lavoratori stagionali in agricoltura ed esteso responsabilità e sanzioni per i caporali e gli imprenditori che fanno ricorso alla loro intermediazione. I principali filoni di intervento della legge riguardano:

● la riscrittura del reato di caporalato (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro), che introduce la sanzionabilità anche del datore di lavoro; ● l’applicazione di un’attenuante in caso di collaborazione con le autorità;

● l’arresto obbligatorio in flagranza di reato;

● il rafforzamento dell’istituto della confisca;

● l’adozione di misure cautelari relative all’azienda agricola in cui è commesso il reato;

● l’estensione alle persone giuridiche della responsabilità per il reato di caporalato; ● l’estensione alle vittime del caporalato delle provvidenze del Fondo anti tratta;

● il potenziamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, in funzione di strumento di controllo e prevenzione del lavoro nero in agricoltura;

● il graduale riallineamento delle retribuzioni nel settore agricolo.

Rispetto ad una situazione così complessa, soprattutto a livello regionale, risulta però importante menzionare l’istituzione task force della regione Sicilia, in cui la nostra organizzazione sindacale UGL Agriolimentare Sicilia ha partecipato nel tentativo di contrastare il lavoro nero nelle campagne. Questa iniziativa ha previsto, principalmente, interventi volti ad affiancare gli agenti forestali agli ispettori incaricati di controllare il territorio, con il fine di verificare la presenza del sistema del caporalato e di forme di sfruttamento sul lavoro. Oltre a ciò, la nostra organizzazione sindacale, ha sempre denunciato alla politica isolana, le condizioni di semi schiavitù di questi lavoratori onde garantire i diritti minimi, realizzabili anche attraverso forme di lavoro salutario, che possa garantirgli una copertura previdenziale ed assistenziale (prestazioni di malattia, maternità, disoccupazione e assegni familiari).

Da quanto appena detto appare chiaro che, nonostante ci siano realtà in cui emerge la regolarità lavorativa e un’adeguata organizzazione al rispetto dei diritti umani, questi casi appaiono ancora pochi e sporadici, mentre troppe sono tutt’oggi le realtà in cui non è così. Per tale ragione risulta doveroso evidenziare che, negli ultimi anni, da parte della nostra e di altre organizzazioni, sono state effettuate diverse denunce che testimoniano, non solo l’esistenza di soprusi e sfruttamenti sui lavoratori irregolari, ma anche una dilagante presenza di sfruttamento delle donne, sia nella cura domestica che nell’agricoltura.

Da diverse visite è emersa la presenza di donne:
– costrette a lavorare ad orari pressoché uguali a quelli degli uomini ma ricevendo paghe più basse;
– obbligate a diventare oggetto di abuso sessuale da parte di quei caporali che, dopo averle reclutate, approfittano della loro maggiore vulnerabilità e ricattabilità per trarre vantaggio.
– impossibilitate a conciliare lavoro e famiglia, in quanto escluse dall’accedere a politiche di welfare;
– soggette a patologie di vario tipo (cardiovascolari, muscolari e discopatie) trattate senza alcuna prevenzione o cura, a causa dell’assenza o inadeguatezza di attrezzature antinfortunistiche.
Eppure, nonostante la gravità, molti di questi casi restano segreti, perché molte donne, vittime di tali trattamenti, non si esprimono per non rischiare di incorrere a forme di violenza più gravi.
In tale quadro drammatico è opportuno dare nota delle incerte condizioni logistiche che regolano l’accoglienza abitative degli immigrati. Come emerge da un report di Medici Senza Frontiere, l’alloggio e le condizioni abitative rappresentano uno dei problemi maggiori per i lavoratori stranieri stagionali. Infatti, tra il campione di persone intervistate per il report si sottolinea che:
● il 40% vive in una casa abbandonata
● il 37% in uno spazio affittato
● il 9,4% in un campo ad hoc gestito da un’organizzazione (si tratta quasi sempre di tendopoli)
Federazione AgroAlimentare
Federazione AgroAlimentare Sicilia – Sindacato Agricoli, Forestali e Pesca – Corso C. Finocchiaro Aprile, 40
90138 – Palermo tel. 091583628 Fax: 091584416 e-mail : ugl-agriforestali@libero.it – cell.- 3381677329
● il 5,2% in un centro di accoglienza
● il 4,5% non ha nulla
● solo il 3,4% dei casi dorme in una casa del proprietario terriero ceduta gratuitamente al lavoratore.
La situazione abitativa ha caratteristiche molto diverse a seconda dei contesti. Tuttavia, è possibile delineare alcune linee generali molto frequenti di queste abitazioni, quali:
– alloggi caratterizzati da sovraffollamento
– affitti insostenibili
– insalubrità degli ambienti.

Per molti lavoratori stagionali dell’agroalimentare, inoltre, le spese di alloggio sono collegate al loro accordo di lavoro, per cui: al rischio di perdere quell’impiego a causa di infortuni o malattia, corrisponde anche il rischio di perdere la propria casa.
Appare evidente l’impossibilità di considerare casi di questo tipo come “esempi di integrazione”. Bensì, è opportuno valutarli come esempi di marginalizzazione dei migranti, o per meglio dire, di: “ghettizzazione” di individui privati dei principali diritti umani, oltre che di dignità a tutele sul lavoro.
Tale fenomeno trova contrasto attraverso le attività svolte dall’Ispettorato del lavoro che, secondo quanto dettato dal D.lgs 14 settembre 2015 n.149, ha il compito, tra altri, di esercitare e coordinare la vigilanza in materia di lavoro, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro e rispettare le politiche sociali. Precisamente, secondo l’articolo 2, c.2, lettera e) l’ispettorato del lavoro “svolge attività di prevenzione e promozione della legalità presso enti, datori di lavoro e associazioni finalizzate al contrasto del lavoro sommerso e irregolare”.
Per tale motivo si ritiene di rilevante importanza e urgenza incrementare il numero di ispettori nella regione, al fine di vigilare, non solo sui comportamenti abitualmente attuati nei campi di lavoro, ma anche di indagare sulle ragioni, talvolta immotivate, che riguardano l’espulsione dei lavoratori non comunitari (segnale di irregolarità o maltrattamenti).
Quindi, si rivela fondamentale garantire una maggiore trasparenza che assicuri il rispetto dei diritti umani. Occorre, inoltre, garantire che siano riconosciuti percorsi di protezione e assistenza sanitaria e legale incentivando la segnalazione di comportamenti criminali.

Il Segretario regionale
Sindacato Agricoli, Forestali e Pesca
(Geom. Francesco Arena)

 

 

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